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svolse sulla piazza di Gerusalemme: dalla porta aperta della sinagoga si vede e si ode lo Sheliach leggere il parascà al paragrafo di Ester, mentre per la piazza passano fallofore di Lesbo, tribadi di Sparta, batilli, una etèra e Giuda con due congiurati. L’etèra l’apostrofa dalla lettiga con uno squarcio di filosofia della storia per spiegargli la impossibilità di una rivolta giudaica contro Roma, un centurione la soccorre d’argomenti rinfacciando agli ebrei di non avere nè un Gracco, nè un Catilina: poi l’etèra pesando con la rapidità femminile le sue filosofie, che secondo lei si dividono il mondo, quella di Epicuro e quella del Rabbi di Nazaret, conclude rivolta al centurione: «se tu a Roma non mi troverai fra le compagne di Tiberio cercami fra le seguaci del Messia». La prima cortigiana ha parlato, e da buona pronipote di Aspasia proibisce ai Farisei di uccidere Cristo, perchè dopo cinquanta e cinquanta olimpiadi il mondo non ha ancora perdonato agli Eliasti e ad Atene la morte di Socrate. Per una etèra, che arringa in piazza dalla lettiga, bisogna accontentarsene: evidentemente i discorsi di piazza non erano allora come adesso, se l’etère vi parlavano come i moderni professori di filosofia del diritto. La prima cortigiana ha declamato il proprio pezzo: aspettiamo la seconda, Maria di Magdala. Ma Giuda rimasto solo sulla piazza disegna a sè medesimo il proprio ritratto in un monologo ritmato come un recitativo, e che comincia con una invocazione all’etèra già lontana. Nella leggenda cristiana Giuda è il traditore, ma siccome il tradimento è fatto ad un Dio, Giuda vi diventa meno di uomo vendendo inesplicabilmente il maestro per trenta denari, duecento cinquanta franchi moderni, ed impiccandosi subito dopo per il rimorso. Il Cristianesimo nello sforzo di fare il Cristo un