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— Importa come la misura nel verso. Sul teatro il personaggio, essendo vivo, deve esprimere nella lealtà il pensiero, che lo ha creato, molto più che il poeta, costretto a scrivere solamente le parole, presuppone tutto il lesto nell’attore. Tu sopprimeresti altrimenti il teatro.

— Si seppellirebbe un morto, evitando così la riapparizione di scheletri scenici come il Cristo di Bovio! Non è teatro questo, non è dramma, non è scena, non è figura — seguitò concitatamente Mattioli, che gli era vicino, più piccolo, bruno, dalla fisonomia vivacissima. — Tutto vi è egualmente falso, lo scenario e gli attori, il pubblico che ascolta, e colui che ha scritto. Il dramma riassunto in una sola scena, dalla quale il vero personaggio resterebbe fuori, era certamente una grande idea: Cristo non può essere rappresentato che così, facendolo solamente sentire: tutte le figure devono muoversi intorno alla sua ombra esprimendo nei propri atteggiamenti il variare dei suoi moti. La scena poteva essere superba, Gerusalemme, nel momento della sua fine ideale, identica a quella di Roma; a Gerusalemme cadeva la monarchia divina, a Roma era caduta poco prima l’unica repubblica cittadina, perchè la creazione era più grande oramai del creatore, e il diritto del mondo più largo della legge romana. A Gerusalemme come a Roma la stessa corruttela di costumi, il medesimo sfacelo d’istituzioni, una eguale anarchia d’idee. Forse mai più magnifica scena fu apprestata dalla storia al genio di un poeta. Mentre Roma soccombeva non allo sforzo di resistere alla invasione ideale del mondo nella sua coscienza, ma alla propria impossibilità individuale di contenerla; in Gerusalemme, più antica e più forte malgrado la schiavitù politica, il potente spirito semitico rimaneva ancora chiuso en-