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delle bragie che gli lambivano tiepidamente le piante dei piedi, la testa affondata nell’imbottitura dello schienale, si ricordò Prudenza fanciulla, poi sua sposina di vent’anni, non sapeva neppure egli come o perchè, tanto era bella, persino troppo bella! La sua figura bianca, colle trecce nere e il sorriso roseo, gli ondulò un istante dinanzi a tutte le memorie del cuore.

Aperse gli occhi.

La stanza era ancora la stessa della prima notte di matrimonio, solamente quel magnifico comò di noce colla specchiera invece di essere dentro l’alcova dal canto di lei era presso il camino. Gaspare aveva allora voluto rompere appositamente la simmetria coll’altro canterano dell’alcova per esprimere così i diritti della bellezza. Prudenza doveva avere un comò più bello per le proprie camicie più fine e una specchiera per abbigliarsi. Ella aveva sorriso della spiegazione. Poi il comò era uscito un giorno dall’alcova e il canterano vi era rientrato.

— Perchè? — chiese Gaspare tornato a casa.

— Non sono più bella.

Non era vero, ma egli lasciò che Prudenza facesse il voler suo.

Gaspare si alzò; fossero quelle memorie o il riverbero del camino, aveva il volto acceso: cominciò a passeggiare fermandosi tratto tratto in un pensiero col volto sempre più animato da una gaiezza giovanile.

— Che cosa dirà mai! — esclamò improvvisamente.

Aveva una grande idea. Intanto che Prudenza assisteva alle tre messe del Natale egli rimetterebbe il comò al posto del canterano e stenderebbe sul letto la coperta di seta gialla che c’era stata solamente la prima notte di matrimonio e il giorno del battesimo.