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tamente la partita di tutte le sere, o qua e là sui divani qualche coppia dalla posa impacciata sembrava attendere sempre un momento più opportuno per restringere ancora il proprio duetto.

Nella sala del camino un giovane deputato della città, grassoccio e bonario come un curato di campagna, discuteva di politica fra l’attenzione di pochi, paghi di affettare così per l’allegria di quel veglione una trascuranza di gente superiore.

E la lunga fila delle mamme e delle zie venute sino lì a rimorchio da tutte le case, anche le più lontane della città, passavano in una processione lenta, come di ombre nere e silenziose fra gli scoppi irrefrenabili delle voci e i passi, le piccole corse saltellanti delle coppie più giovani, che sfuggivano pazzamente per ritornare subito indietro cogli occhi ardenti, il volto roseo, lasciando quasi sempre una traccia acuta di profumo.

Lelio Fornari appena potè rompere la folla uscì dalla porticina del salone giallo a sinistra, presso il palcoscenico, e pel corridoio a specchi, fra due file di sofà gremiti di maschere e di marsine, venne sino alla sala del caminetto.

Il giovane deputato gli rivolse la parola.

— Già stanco lei!

— Si soffoca.

E gettandosi sulla poltrona accese una sigaretta.

Ma anche lì seguitarono per lui i saluti e i frizzi delle maschere. Realmente era seccato: una noia improvvisa di quel grande gaudio volgare gli era entrata nell’animo dopo quel colloquio così facile e insieme temerario colla principessa. Adesso scrutava nella memoria i suoi più effimeri atteggiamenti, meravigliandosi di quanto aveva potuto dirle senza che ella se ne mostrasse minimamente of-