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Nella camera troppo grande un muro, facendo arco a metà, formava una alcova senza tende: l’alcova era riempita da un largo letto di noce colla cimasa coronata da una conchiglia, e da due canterani di modello antico, coi piedi alti, a due soli cassetti. Fuori dell’alcova a mano dritta biancheggiava un armadio di alberone; un altro comò sormontato da una specchiera a quattro colonnette nere, che si acuminavano in due testiere di ottone, era il mobile più bello della camera; nel mezzo un tavolo rotondo vi faceva da altare, con una Madonna cilestrina tutta stellata d’argento, e un presepio sotto una campana di vetro, dentro la quale una grande macchia rosea era senza dubbio la culla del santo Bambino.
Due gatti di gesso bianco, sul quale col fumo di candela si era tentato di imitare le zebrature della pelle, si miravano dai lati del camino con una posa quasi altera nella lunga immobilità.
Gaspare disteso sulla vecchia poltrona guardava distrattamente il cerchio lasciato dalla pentola nella cenere. L’ambiente era tiepido. Le grosse palle in ottone degli alari riverberavano alle fiammelle delle brage, mentre nella camera mollemente assopita il crepitìo delle faville sfuggenti su pel camino sembrava un’eco delle ultime risa.
Fuori nella notte la luna aumentava colla propria limpidezza il freddo del vento.
Gaspare pensò a Prudenza, che non si era forse affagottata bene; ma la chiesa era vicina e senza dubbio calda in quella notte per la molta folla. Perchè Gaspare non era stato anch’egli della comitiva accompagnando la vecchia moglie e tutte quelle ragazze dei vicini alla prima messa del Natale? Forse egli stesso non avrebbe saputo ben preci-