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rare – fatemi il suo ritratto. Avete cominciato e vi siete ancora distratto: volete Bonghi in compenso? Ve lo cedo, sebbene incominci a diventarmi simpatico, oggi, che tutti si vantano d’insultarlo.

— Non crediate così di chiedermi poco e di offrirmi troppo – rispose con certa amarezza.– voi, duchessa, che sapete tanto bene il latino, vi ricordate senza dubbio la definizione della bellezza data da Cicerone: la bellezza si può esprimere talvolta, più raramente raffigurarla, analizzarla mai. Non vi è spesso sembrato che una pagina di Renan rassomigli a una pagina di Mozart, ne abbia la stessa malinconia latente, lo stile puro quantunque capriccioso, l’inimitabilità dell’espressione precisa nella parola e illimitata nel sentimento? Balzac ha detto che la prima qualità di un libro è di far pensare; per un libro di filosofia, forse, ma per un libro d’arte ne dubito. Renan ottiene di meglio: la sua prosa è una musica che vi fa sognare; ecco il prestigio, il fine ultimo dell’arte, dare all’anima una seconda vita, sostituire alla creazione della natura quella dello spirito. L’arte non può avere sistemi. Vedete come Zola, che sarebbe benissimo dotato, sia costretto ad esagerare le scene per sostenere l’esagerazione delle proprie polemiche. In tutte le opere di Renan non vi è forse una sola vera negazione; egli sa che un’idea ne vale un’altra, e che per un’idea come per un individuo il fatto di esistere ne implica il diritto e ne contiene la ragione. La negazione, che pretende distruggere, è al tempo stesso un’impotenza ed una assurdità; essa deve semplicemente essere il limite di ogni individuo attorno a sè medesimo, l’orbita della sua attività. Quindi, se Cousin disse impropriamente che l’errore è la forma della verità nella storia, Renan più fortunato comprese che la verità non può