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IL CANARINO
Il magnifico gatto d’Angora tornò a sdraiarsi sullo sgabello.
Ella riprese il libro dal tavolo, e abbandonando il capo sulla spalliera con un morbido atto di civetteria, che contrastava colla dura marmorea bellezza del suo volto, riprese:
— Bonghi ha ragione: naturalmente, voi, suo avversario politico e filosofico, non potrete convenirne, troverete forse questa sua prefazione al Fedone fiacca e pesante, ma chi potrebbe oggi scriverne una degna? Forse noi non lo possiamo più.
— Perchè?
— Non me lo domandate, giacchè lo sapete fin troppo. Io, una signora, che ha letto poco e capito meno, non posso spiegarvelo, ma noi sentiamo oggi diversamente dai greci, giudichiamo con altri criteri, amiamo un’altra bellezza. Nessun oratore parlando alla Camera si fa accompagnare da un flauto, nessun avvocato come Iperide sveste oggi la propria accusata davanti alle Assise: il nostro abbigliamento troppo complicato darebbe tempo ai carabinieri d’intervenire, mentre la stessa accusata non sentirebbe forse più la forza di tale argomento.
— Siete ben sicura che l’aneddoto d’Iperide non