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— Le vostre armi?
— Tutte quelle che un uomo può usare.
— Avete vinto nessuna battaglia?
— Abbiamo ucciso un imperatore.
— Ma l’impero è rimasto.
E il vecchio non parlò più.
Il mare era buio, le stelle brillavano ancora. Passarono forse due ore senza che i due strani interlocutori, caduti in una meditazione, forse profonda come quel mare, e scintillante di pensieri come il cielo di stelle, parlassero. Il vapore avanzava sempre agitando nell’ombra un pennacchio di fumo.
Poi il vecchio mormorò:
— Sono tutti morti... — e la testa gli ricadde pesantemente sopra le mani congiunte sulla canna, come sotto il peso di quell’enorme poema, del quale era l’ultimo verso, di quei due milioni e mezzo di soldati, ai quali solo era sopravvissuto.
In quel momento l’alba cominciava a spuntare; lontano, in fondo all’orizzonte, una macchia bruna ed immobile poteva essere un’isola.
— Eccola! — esclamò il giovane levandosi.
La faccia del vecchio raggiò.
Il mare mormorava, l’alba cresceva, il vapore rantolava sordamente. Allora il vecchio alzò ambo le mani come invocando e una lagrima, l’ultima, gli scese dagli occhi appannati. L’altro lo guardò trasalendo. Il vecchio soldato si trasfigurava: i primi rossori dell’alba sembravano vampate di cannoni lontani, l’onde avevano dei fremiti di battaglia, la costellazione era scomparsa, quando uno scoppio immenso squarciò l’Oceano e il sole sfolgorò.
— Viva Napoleone! — gridò il vecchio salutando militarmente come se lo pigliasse per il fantasma del morto imperatore.