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la severa eleganza del suo soprabito nero. Il volto illuminato da due grandi occhi azzurri, pieni di riverberi freddi come quelli di un blocco di ghiaccio al sole, era quasi macilento; aveva il mento quadro, il naso aquilino, e una striscia bianca e sottile di cicatrice, che dall’orecchio sinistro gli si perdeva nelle frequenti contrazioni della bocca.

Ma la sua macilenza finiva al viso, sotto aveva un collo da toro e due spalle da Ercole. Al momento d’imbarcarsi nessuno gli aveva badato, il mattino seguente tutti lo ammiravano.

Egli passeggiava sul ponte come assorto in una idea senza accorgersi degli altri, a un tratto s’imbattè nel colonnello.

— Voi foste un soldato di Napoleone I, signore? — gli chiese con moto repentino in eccellente francese.

— Lo sono — ribattè il colonnello con voce lenta e fredda.

Quegli stava per replicare, ma si rattenne: il colonnello passò oltre.

Alcune signore avevano avvertito quello scambio di parole senza intenderle, quindi il colonnello non si vide più per quella giornata. Un’altra mattina comparve all’alba sul ponte, poi si accostò al pilota e gli domandò indicandogli un’isola già oltrepassata:

— Si chiama?

— L’Assunzione.

— Questo — mormorò — sarebbe stato il nome per la sua isola! Tutto quel giorno il tempo fu cattivo, soffiavano molti venti, il mare aveva come dei muggiti d’impazienza, delle onde colleriche, le quali si rompevano schiumando contro la chiglia del vapore. Molti passeggeri divennero inquieti, il cielo era quasi