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ve, perchè quegli ne aveva ancora da vendere una buona partita, tutto il suo ricolto dell’estate. Allora Toto e Viù diedero una occhiata in sala e, non potendo stare neanche lì, uscirono a passeggiare.
La notte era sempre così tiepida, umida e nera; non si sarebbe riconosciuto un uomo a cinque passi di distanza.
— Andiamo laggiù a vedere — insisteva sempre Toto con un tremito spaurito nella voce dopo quella confidenza.
Il gobbo invece rideva silenziosamente: ogni tanto qualcuno usciva o rientrava dal portone.
— Dunque nessuno lo sa ancora, perchè andrebbero per di là in questo caso? — egli osservò accennando verso il fiume. — Che Berta abbia tenuto il secreto? Sarà stato Sandro che non ha voluto avvisare altri; lo conosco. Se gli fosse capitato il tiro da solo, sarebbe stato anche più contento.
— Ma Berta come lo ha saputo?
— Non ha voluto dirmelo.
— Andiamo a vedere.
— Andiamo.
Oltrepassarono il muraglione a passi concitati, quindi sfiancando per un sentiero discesero la sponda del fiume per tornare quasi sotto la casa del pozzangherone. In quella oscurità il pericolo di tombolare giù sino all’acqua era imminente ad ogni passo, ma i due ragazzacci conoscevano troppo bene cinghione per cinghione tutta la ripa per darsene pensiero. Appena in fondo Viù si arrestò mettendo un fischio.
— Vado io.
— No, verrà uno di loro — e ripetè cinque o sei volte quel sibilo del quale era solito servirsi come di un segnale.