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poichè aveva già saputo tutto prima di Toto, e lo aveva detto a Viù.
— Anch’io voglio andarmene presto — disse Santone.
— Perchè? Qui si sta bene — rispose Ghino.
— Voialtri potete starci, io me ne vado.
— Santina non ha paura di rimanere sola a casa?
— Perchè paura?
— Tu l’avresti, Berta?
— Io sì — ribattè con atto monellesco che smentiva le parole.
Ma un altro accordo si era fatto sentire e nuovi ballerini vennero a cercare le ragazze; i tre uomini rimasero a tavola, poi Santone alzatosi per accendere un mozzicone di sigaro ad una bracia del focolare vi rimase seduto presso alla Veronica. Era una vecchia ragazza sdentata, con un gran naso nel quale una narice molto più larga faceva come un buco; ma tutti le volevano bene perchè lavorava tutto l’anno da tessitrice per mantenere il fratello ubbriacone.
Quella fatica di fare da sola i ponci, i caffè e il vino caldo, sempre col viso nel fuoco, le aveva fatto diventare le guance giallastre un po’ lucide.
— Non ho potuto trovarla ancora — mormorò Toto, rientrando, all’orecchio di Viù.
— Io so dov’è.
— Tu?
— Me lo ha detto Berta: è giù nel capanno della Costa con Prugnolina, Scopetta e Sandro. A quest’ora ci saranno già altri.
Toto scattò per andar via.
— Aspetta — fe’ l’altro, gittando una occhiata sinistra a Santone: — si sono portati dietro un