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Si misero a tavola nel camerino con dinanzi un piattello di paste e dei bicchierini di vermouth per le donne, gli uomini presero del vino caldo, ma anche lì c’era ressa. La gente non arrivava a potersi sedere, trasudata, senza un pensiero delle correnti di aria che s’infilavano su per le scale, non domandava insistentemente che da bere.

— Se muta vento, Mora, farai la brina su tutto il pelo.

— E tu?

— Dammi una mano che ti faccia sentire fin dove son bagnato.

La Mora alzò le spalle voltandosi a guardare negli occhi Ghino, che le pizzicava una coscia sotto la tavola.

— Non è lì! — ghignò con un impudore sprezzante.

L’altro rimase interdetto. Santone invece non sapendo cosa dire aveva già vuotati due bicchieri di vin caldo, e badava ad offrire delle paste battendo leggermente col labbro del piattello nel seno delle ragazze perchè ne prendessero; nel camerino così pieno era un continuo via vai, molti si affacciavano all’uscio per scambiare una parola o guardavano solo curiosamente senza entrare, mentre la Veronica, sorella del padrone, si affannava indarno per servire tutti.

Viù aveva indettato Berta.

— Perchè, Santone, non vuoi che Santina venga anche lei a ballare?

— Non voglio — replicò l’altro duramente senza accorgersi dei sorrisi che la sua risposta provocava.

— E se fosse venuta! Io almeno non l’ho vista: bel male che ci sarebbe... Adesso sarà a casa.

E la voce di Berta aveva uno squillo tagliente