Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
i piedi: lasciate dunque ballare. Monferrina, avanti! To,... il soldo? Mora, in fila, bella Mora, e tu, Cocca, fatti avanti con Santone. Bene, Santone! quattro salti anche tu, crepi la malinconia, bisogna divertirsi al mondo!
— Viva il carnevale! — strillò Viù spingendo Santone un po’ impacciato colla sua ballerina, la Berta del beccamorti, una ragazza sottile come una faina, dal musetto nero e due occhi che foravano la pelle.
Ella rideva con Viù.
Ma l’ondeggiamento della sala seguitava sempre impedendo al circolo di formarsi malgrado tutti gli sforzi di Perpignano, alto e secco, che pigliava la gente per le spalle, dove meglio poteva, respingendola in fila. Il pubblico troppo affollato quella sera, finiva coll’aver ragione dei ballerini. L’organetto aveva gettato la prima battuta in una nota di falsetto stridula come di una punta sul vetro, che si era perduta nel fracasso; dalle finestre aperte improvvisi buffi di vento abbassavano le fiamme dei lumi a petrolio producendo bizzarri effetti di ombra sopra quella massa grigia, compatta ed oscillante, cui le donne allineate alla parete facevano come una cornice anche più scura. Tratto tratto a un grido di ragazzetto nascosto fra le gambe degli altri, a un urto imprevisto trasalivano.
Viù impaziente di primeggiare apostrofò Perpignano:
— Ridammi il mio soldo, se non sai far stare la gente a posto.
— Ti cogliesse un accidente! come vuoi fare?
— Musica, musica! vedrai che si scostano.
Infatti egli per il primo urtò in Santone spingendoselo innanzi, e tutte le coppie spostandosi in una specie di curva riuscirono a fare il vuoto