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Si trovò quindi serrato nuovamente in un gruppo di maschere, cui si aggiunsero alcuni eleganti, in marsina, colle camicie lucenti come la porcellana, gli occhi vividi della curiosità leggermente sguaiata di tutti i veglioni.
La principessa era tutt’altro che una maschera signorile: non aveva che uno scialle bianco, antico, a ricami finissimi e frangiato sopra un abito di seta nera a sottana corta; nessuna altra traccia di ricchezza. Portava lo scialle sulla testa come le donne del popolo, con un mascherino nero, volgarissimo, i guanti a due soli bottoni.
Nullameno l’eleganza del portamento, e quella indefinibile disinvoltura delle grandi dame, lasciavano trapelare da tale borghese acconciatura un sentore aristocratico con qualche acredine di mistero, che attirava la gente.
— Finirai in un suo romanzo, mascherina.
— Oh! i romanzi scritti! — ella ghignò sotto la blonda.
— Ti ha letto! — esclamò il conte Turolla, uno dei più eleganti.
— Sarei allora al suo braccio? — replicò in falsetto la principessa.
Tutti scoppiarono a ridere. Lelio tacque: evidentemente quell’intoppo l’irritava.
— Hai dunque perduto il tuo spirito? — lo aggredì una mascherina afferrandogli l’altro braccio. — Mascherina, voi dovete averlo già innamorato: vedete, non è più riconoscibile!
— Non m’innamoro mai.
— Vanteria! — esclamò la mascherina.
— Abilità, altrimenti non si è mai amati.
La principessa lo guardò involontariamente.
— Adesso improvviserai una teorica — inter-