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occhi pallenti, le magnolie grosse come un frutto, i narcisi, le piccole viole e le piccole gaggie riunite a quella festa della morte agonizzavano dentro i propri profumi, coi petali già vizzi nell’angoscia del mattino imminente. Egli respirava il loro alito con un’asma crescente. Alzando gli occhi vide la Madonna dipinta sull’altare sorridere dolcemente. Le fiamme dei ceri agitavano le ombre del quadro intorno alla sua bella figura bianca, discendente da un trono di nuvole all’appello devoto di san Filippo, inginocchiato nell’angolo colle mani giunte e il viso estatico. Era lei, la divina onnipotente, la Vergine Madre, che piegava Dio a tutti i propri voleri, la pietosa, che intendeva ancora le voci singhiozzanti della terra. Lo splendore del suo volto aveva la dolcezza di un’alba.

— Maria, Maria! — sospirò Giannino tendendole le braccia in una ultima delirante invocazione, perchè con un miracolo della sua bontà facesse risorgere quella morta. — Oh! Maria, essa è vostra figlia e mia sorella... Oh! Maria, Maria — ripetè ancora mentre la testa gli ricadeva più pesantemente sulle palme.

Quindi pianse silenziosamente, vagamente, in una dolcezza di fede, sempre cogli occhi fisi nel sorriso della Madonna, finchè le lagrime cessarono, e cogli occhi aperti, immobili, rimase a guardarla adorando.

I fiori colti dal freddo crescente della notte esalavano gli ultimi odori.

Allora parve a lui che la Vergine discendesse dal quadro lentamente, tutto rimaneva immoto dintorno: sempre così adagio gli si accostò senza che egli potesse tentare un solo atto e stette a mirarlo. Egli non sapeva più se era desto o sognava, ma si accorse di piangere nuovamente.