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un’impercettibile sorriso sfiorò le sue labbra a quella vanità, che aveva inspirato al comitato la bizzarra idea di sospendere il ritratto della loro vittima nella sala segreta delle sedute.

Tre di quei cinque membri avevano la fronte calva, coi capelli brizzolati; uno aveva una folta capigliatura di un biondo castano, l’altro i capelli neri, radi e pettinati piattamente sulla fronte. Evidentemente il loro travestimento non andava più in là della maschera.

Il silenzio si prolungava.

Loris seduto correttamente come nel salotto di una signora lasciava errare uno sguardo sicuro sui cinque sconosciuti attendendo: Kriloff invece si muoveva sulla scranna come incerto di alzarsi per parlare, e la sua nervosità si rivelava al modo, col quale tormentava inconsapevolmente il proprio gibus.

— Che cosa chiedete? gli si volse infine quegli, che pareva il presidente.

Kriloff balzò in piedi rispettosamente: era sempre così pallido; posò il gibus sulla tavola e con voce tremula rispose:

— Sono venuto a presentare il mio amico Loris Nicolaievich Repnine secondo il permesso, che mi avete dato.

Tutti gli occhi caddero simultaneamente sopra Loris, che rimase impassibile.

I cinque ascoltavano in atteggiamento rigido: un lume a petrolio riparato da un cupo cappello