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Trepof tornò.

— Potete entrare, disse a Kriloff, e senza attendere risposta se ne andò per dove erano entrati.

Kriloff titubava.

— Andiamo, esclamò Loris, sul cui viso traspariva come un’impazienza di combattimento.

— Sii prudente, mormorò l’altro, e abbassando la testa quasi dinanzi ad un pericolo inevitabile lo precedette.

Passarono in un’altra stanza egualmente senza mobili, spinsero un uscio nero.

— Avvicinatevi, disse loro una voce, mentre un uomo con una maschera nera sul volto, respingendo l’uscio, si scartava per lasciarli passare.

La stanza era nuda, imbiancata colla calce: non aveva in fondo che un largo tavolo rettangolare, al quale sedevano quattro uomini vestiti borghesemente, con una maschera nera sul viso; una sedia era vuota e doveva appartenere a colui, che era venuto ad aprire la porta.

Loris entrò il primo, a testa alta, fissando coloro che lo aspettavano seduti; altre due sedie stavano dinanzi alla tavola.

Quegli, che li aveva introdotti, ritornò al proprio posto lasciando l’uscio aperto, e con un gesto invitò i due giovani a sedere.

Nessuno aveva ancora parlato.

Loris sollevando gli occhi al di sopra di colui, che sedendo nel mezzo aveva l’aria di presiedere il comitato, vide il ritratto di Alessandro II, e