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Kriloff e Loris, dominati da una indefinibile preoccupazione, si cavarono nervosamente le pelliccie rimanendo nell’eleganza delle loro marsine, poi schiacciarono i gibus, e si tastarono involontariamente i piastroni inamidati delle camicie. Si sarebbe detto che stessero per entrare in una sala da ballo. Kriloff, che doveva introdurre Loris presso il Comitato Esecutivo, col quale aveva avuto altre volte contatto, era adesso di un pallore eccessivo: l’assassinio, commesso dall’amico per strada con sangue freddo così spaventevole, gli faceva temere di un’altra scena. Perchè aveva egli voluto essere presentato al Comitato Esecutivo? Kriloff non lo sapeva ancora: Loris gli aveva parlato confusamente di un accordo da tentarsi fra il nuovo partito nichilista, che veniva reclutandosi fra i giovani, e l’altro caduto nell’impotenza dopo l’uccisione di Alessandro II.

L’anticamera non aveva altro mobile che una cassapanca, sulla quale ardeva una piccola candela. Quando Trepof ebbe accuratamente ripiegato le loro pelliccie, prese il candelliere senza trarsi la propria, e disse loro:

— Venite.

Traversarono due salotti, una sala da pranzo, due camere da letto: pareva un modesto appartamento borghese. In una camera da letto videro sospesi ad un attaccapanni alcuni abiti, un cappellino da donna; i porta-catini avevano le salviette, l’armadio delle sante iconi era aperto.