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gisse; l’altro pure accelerò il proprio trotto, ma non abbastanza per non perderlo di vista ad una svoltata.

— Sferza, gridò lo sconosciuto al fiaccherista.

Ma quando questi lanciando a tutta corsa il cavallo girava lo stesso angolo, il primo fiacchero tornava indietro vuoto e al passo; lo sconosciuto si drizzò sui cuscini e credette di scorgere i due giovani allontanarsi lentamente a piedi lungo il muro a sinistra. Allora ordinò al cocchiere di rimettersi al trotto, li oltrepassò senza guardarli, lo fece voltare alla terza strada, nella quale scese licenziandolo e ordinandogli di proseguire. Egli invece ritornò nell’altra, accese uno sigaro e seguitò lentamente.

La distanza fra lui e i due giovani scemava.

Loris e Kriloff, che non lo perdevano di vista, si erano accorti di essere pedinati; ma in faccia a questo nuovo pericolo non avevano ancora scambiato alcuna parola. Il loro passo strideva sulla neve. Ogni tanto Kriloff sbirciava il compagno aspettando un ordine.

— Allunghiamo il passo; non lo guardare quando gli passeremo dinanzi.

Lo sconosciuto invece non resistè alla curiosità di osservarli. Loris svoltò a sinistra. I fanali della piccola strada erano più radi, sembrava vuota; improvvisamente si mise a cantarellare con voce tenorile il racconto di Lohengrin all’ultimo atto, pigliando Kriloff sotto il braccio. Nessuno di loro aveva angora rivoltata la testa.