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Olga Loris rispose collo stesso lieve inchino del capo, all'altro di Ogareff alzò la mano come per dire: è inutile, e salutò il giovane con un sorriso.
Nessuno aveva teso la mano: si sarebbe detta una presentazione di studenti ad un superiore.
— Ora, disse Loris, prima che Slotkin spiegasse a tutti chi egli fosse, dovremo scambiarci gli indirizzi. Il mio non posso darlo ancora: sono sceso all'Hotel de Londres, ma non ci resterò.
— Arrivi di lontano? chiese Slotkin.
— Da Parigi, rispose senza voltarsi. Avevo scritto a Kriloff: non ne avevi dunque parlato a questi signori? Tanto meglio! Sarà più facile intenderci. L'ultimo attentato di Rodion mi ha persuaso della necessità di ritornare in Russia. Ho saputo tutto a Parigi: chi era Rodion, come concepì l'attentato, chi ve lo spinse: so chi ora l'abbandona. Voi non conoscevate Rodion, signori, e il suo sguardo girò sulla piccola assemblea; nullameno siete i soli a Pietroburgo, che si radunino per constatare che non vi è nessun mezzo di salvarlo.
— Proprio nessuno? chiese Fedor, già soggiogato dal tono di quelle parole.
— Vi fosse pure, bisognerebbe rifiutarlo.
Nella stanza corse un fremito. Kriloff, che aveva finalmente aperta la cassa del violoncello, si volse anch'egli; Olga Petrovna incontrando lo sguardo di Loris abbassò il proprio.
— Quando si attenta alla vita di uno Czar bi-