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stava ancora al medesimo posto sul pianoforte, e l’astuccio del flauto era appoggiato ad una bica di libri sul ringhierino della scrivania.

— C’è ancora della vodka? domandò Ossinskj per rompere il silenzio.

— Sì.

— Finiamo la carafa.

— Aspetta, disse Andrea Petrovich esaminando le bottiglie del Sauterne: vediamo se fosse rimasto un bicchiere di vino per Olga Petrovna.

— Non verrà, s’ostinò a ripetere Lemm.

Ma come a smentirlo s’intese aprire l’uscio sulla scala: tutti tacquero. Ogareff e Olga Petrovna entrarono; Ogareff era più pallido di lei.

— Nulla? domandò soffocatamente Fedor.

Ogareff non rispose. Tutti avevano già compreso.

— Lasciatemi sedere, disse Olga Petrovna niente meravigliata di essere accolta come un uomo, senza quella qualunque galante cortesia, che le donne giovani e belle sono abituate a trovar sempre. Fedor in piedi le allungò una sedia, mentre Andrea Petrovich, riuscito finalmente ad empire quasi un bicchiere preso a caso sul tavolo fra quelli ove tutti avevano bevuto, glie lo porgeva.

— Ecco, incominciò Olga Petrovna slacciando gli alamari della sua corta pelliccia e staccandosi dalla testa bionda il berrettino di lontra; voi, Lemm, lo sapete; credo di avervelo detto altra