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dei tiranni. Siccome non hanno patria, non concepiscono lavoro e capitale che nella forma più astratta e potente del denaro. Vedi, anche in ciò sono un popolo monoteista; ma questo popolo ha almeno ucciso un Dio, quello che oggi ancora adorano tutte le nazioni civili. Riconoscigli questo merito; colla morte di Cristo ha fornito un tema non ancora esaurito a tutti i poeti.

— Alla salute degli antichi deicidi, proruppe Ogareff alzando il bicchiere.

Ma nessuno rispose.

Evidentemente quella seduta, omai troppo lunga, cominciava ad opprimerli. Si erano riuniti presso Andrea Petrovich per parlare di Rodion, lo studente, che aveva attentato alla vita di Alessandro III, e che nessuno di essi conosceva personalmente, nemmeno Ogareff, quantunque si fosse temerariamente compromesso cedendogli il migliore dei propri cavalli sulla semplice richiesta di un altro studente. Ma secondo il solito non avevano che ciarlato. Erano tutti giovani; Slotkin, il più vecchio, passava di poco i venticinque anni, e non era ascritto neppure egli al nichilismo. Ma la veemenza delle loro opinioni, infiammate dai ricordi dei grandi drammi nichilisti, li preparava forse inconsciamente a qualche non lontana catastrofe, sebbene nel rilassamento sopravvenuto al partito dopo l’uccisione di Alessandro II, e nella ripresa tremenda delle persecuzioni poliziesche, nessuna impresa fosse ancora stata loro proposta.