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— Tieni, gridò Fedor lanciandogli alla testa senza colpirlo un bicchiere d’acquavite.
Tutti sorrisero.
— La tua musica russa! Non a Pietroburgo certamente Rossini avrebbe potuto scrivere il Guglielmo Tell.
— Un’opera sopra un uomo che non ha mai esistito, ecco l’arte! osservò con voce stridula, ghignando, Sergio Nicolaievich Lemm.
— E che in Russia non esisterà mai. La Russia, che non ha saputo immaginare un Guglielmo Tell, non avrà mai un Garibaldi.
— La Russia, replicò Ossinskj, ha tutto ciò che voi altri le negate.
— Io, intervenne Ogareff, le nego anzitutto l’aristocrazia: dietro di essa si sarebbe formato il popolo. La Russia non ha nobiltà; il suo patriziato non fu mai che di cortigiani e di impiegati, vili i primi, ladri i secondi; l’uno e l’altro tutti due.
— Meglio così! insistè Ossinskj, tanto a quest’ora sarebbe corrotta come tutte le altre aristocrazie d’Europa. Basta guardare la Russia sulla carta....
— Sulla carta di Rittich?! adesso ci farai tu una lezione di geologia, perchè tuo zio fu amico di Krapotkine. Krapotkine! un geologo di cui l’Europa sorride, un rivoluzionario che scrive declamazioni a freddo nella tranquillità di Londra.
— Non rispetti dunque nessuno?