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momento Lemm s’immaginava Loris come un ragno, immobile dentro la propria serica tana, aspettando la caduta di una fra le tante mosche ronzanti; v’era della viltà nella sicurezza di quell’attesa, e v’era quasi della poesia nella spensieratezza delle mosche. Lemm non poteva sottrarsi a questo paragone, che sentiva ingiusto. Loris non era più un uomo, ma un’idea; quella catastrofe da lui preparata, era una battaglia e non un delitto. L’impiegato di marina, che domani, alla prima guerra, scruterà nel fondo della propria camera oscura, entro lo specchio, il passaggio della corazzata nemica sul punto, ove fu nascosta la torpedine, per farla esplodere toccando un tasto, non è anch’esso un combattente? La guerra moderna ha dunque altre forme di combattimento e categorie di soldati, che non l’antica; Loris era la guerra sociale colla fatalità di tutte le sue intransigenze e l’inesauribile ferocia de’ suoi odî.

Lemm avrebbe voluto conoscere che cosa provasse Loris nell’anima, perchè, in fine, anch’egli era un uomo e doveva aver amato qualcuno. Non si odia così, se prima non si è amato altrettanto. Chi sa nemmeno, se all’ultimo oserebbe premere il bottone. Lemm si attaccava a questa incertezza, come all’ultimo lembo di ragione. Oramai la follia della gente schiamazzante intorno alle cataste, e dinanzi al portico del teatro, lo aveva preso.

Istintivamente si mosse per andarsene, ma l’i-