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il tappeto dell’appartamento, sino a quel salotto di Lemm, congiungendolo colla pila chiusa in uno scrittoio ad armadio. Lemm ne teneva sempre la chiave in tasca. Loris, mutando pensiero, aveva comprato egli stesso tre eccellenti trottatori con una droiska, e li teneva in uno stallaggio, dicendo che presto sarebbe partito per la campagna. Li aveva attaccati due volte sole di buon mattino per provare la loro resistenza.

L’ultima domenica, incontrando Lemm presso l’arco trionfale della Tverskaia, eretto ad Alessandro I in memoria della ritirata dei francesi, gli disse:

— Andiamo al Monte dei Passeri.

Era un giorno sereno, il sole piegava al tramonto. Vi giunsero per la barriera Kalongskaia; v’era poca gente a quell’ora e in quella stagione. Le belle ville adagiate sulla sua cima avevano i cancelli e le finestre chiuse, giù alle falde la riviera ghiacciata si stendeva come un immenso nastro d’argento, mentre la neve rimasta a brandelli sugli alberi delle colline circostanti sembrava un tappeto infinitamente bianco sui campi, sulle case, dovunque.

Mosca, enorme, si addensava quasi ai piedi del monte, tuffata, ricoperta da quel bianco verginale cui la luce languida del tramonto appannava la vivezza.

Essi guardavano lo spettacolo, sentendosi invadere dal suo candore.