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la neve, lungo il muro del teatro, qualche cosa di così vago che sulle prime ne rimase incerto. Non passava alcuno; allora fece qualche passo innanzi. Il raggio di un fanale, cadendo sull’impermeabile di Loris, ne trasse un bagliore così vivo, che Lemm non potè più dubitare. Era l’ultimo fanale prima d’arrivare alla doccia. Lemm respirò, e non vide più Loris. Tese l’orecchio per udire lo stridore del trapano, ma non ostante la sovreccitazione dei sensi non percepì alcun suono; l’aria e la terra erano diventate sorde colla neve.

Toccava a lui. Risolutamente si diresse verso la doccia all’angolo della casa di Loris, facendo mulinare la mazza come per giuoco, allentò il passo; aveva visto appressarsi una carrozza. Quello sarebbe il migliore momento per dare il colpo. Si mise alla cantonata, e quando i cavalli passarono rumoreggiando, perchè le loro unghie ferrate trovavano ancora il selciato sotto lo strato sottile della neve, fingendo di sdrucciolare diede una percossa violenta nel fianco della doccia, che risuonò cupamente. Gli parve di essere nel mezzo di una immensa esplosione; gli orecchi gli zufolavano, gli girava la testa così che per sottrarsi al pericolo di essere visto da qualcuno, che avesse udito quel colpo, si lasciò cadere presso la doccia. Nessuna pattuglia passava, nessuno aveva udito. Allora rinfrancandosi cacciò tre dita nella spaccatura della doccia, trovò il filo, tirò e, rialzandosi lestamente, lo distese per un paio di metri lungo il muro.