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rinfrescata, dopo una notte forse immonda, dall’aria del mattino. Era come uno di quegli ubbriachi sorpresi dall’alba, vacillanti per le strade, e che non ricordano più nulla.
Se qualcuno l’avesse scoperto in quel momento, non avrebbe opposto resistenza.
I primi raggi del sole batterono sui tetti, scivolando per le cantonate in mezzo alle strade, ad accendervi come dei braceri multicolori. Mosca si levava dal sonno sotto il sole; tutto sorrideva, le sue cupole, i suoi giardini, le sue case, le sue strade formicolanti e sonore, il fumo de’ suoi camini tremolante ai soffi della brezza come un segnale, e dileguante nell’azzurro senza macchia.
Loris trovò Olga seduta nel palco, che lo aspettava.
— Il concerto non si darà più, ella disse.
— Forse!
— Allora? e nella sua voce rauca v’era come uno squillo di trionfo.
Loris indovinò la tragica gioia del suo amore, e rispose con fredda ironia:
— Aspetteremo che cominci la grande stagione invernale.
E si distese sul divano per dormire.
Olga lo covava con uno sguardo ardente. Dal momento che il concerto era stato rimandato, ella lo immaginava soppresso; voleva che fosse così, tutto era perduto. Fra un mese, o non avrebbero più avuto la forza di uscire o, tentandolo, la loro