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lore del sonno, ora che i terribili occhi verdi erano velati dalle lunghe palpebre, sembrava anche più puro. Ella s’inginocchiò, depose la lanterna sulla spalliera del divano, al di sopra del suo capo, e gli prese la mano penzolante dal cuscino. La mano era fredda, ancora sudicia di polvere.

Loris si destò ritraendola istintivamente, ma ella gliela strinse.

Egli la guardava stringendo le palpebre per schermirsi dal raggio troppo vivo della lanterna, mentre il suo pensiero stentava a riordinarsi. Olga si schiacciò più convulsamente il volto sulla sua mano, soffocandovi i singhiozzi.

Loris nel malumore di quel risveglio improvviso s’accorse d’aver freddo; sprigionò la mano per chiudersi nella pelliccia, così che Olga sbattè quasi col volto sul cuscino.

— Oh! ella mormorò con voce fioca.

Loris la sollevò per le mani, se la mise seduta dinanzi, e con accento, che essa non gli aveva ancora sentito:

— Perchè amare, le disse, noi che siamo votati alla morte? Noi dobbiamo soffrire troppo per conservare ancora l’egoismo di non voler soffrir soli. Non piangete, Olga.

— A me sola, ella proruppe con un singhiozzo, deve essere tutto negato?

— Che cosa hanno di più le altre donne, che debbono vendersi per nutrire i figli o i genitori? Le conosco queste improvvise debolezze dell’ani-