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sorpresero da capo a camminare in punta di piedi, tenendo la lanterna quasi interamente chiusa sotto le pelliccie. La finestra dava infatti sulla piazza, così che ogni lume al di dentro poteva diventarvi pericoloso. Quindi Loris preferì aprirne adagio i battenti, per ricevere il lume della notte abbastanza serena; nessuno noterebbe di laggiù quella finestra spalancata o, notandola, ne sospetterebbe.
La finestra, che dalla piazza pareva piccola, era invece assai grande. Loris vi rimase, coi gomiti appoggiati al largo davanzale, guardando; giù nella piazza qualche attardato passava ancora rasente i muri, e i fanali disegnavano larghe isole luminose dai bordi fluttuanti nell’ombra, che pareva muoversi anch’essa. Mosca dormiva tranquillamente. Quella sensazione di abisso, che aveva provato sporgendosi nella sala dal parapetto del palco, gli ritornava ora dalla notte profonda. Non una stella brillava nel cielo.
— Andiamo, andiamo, si rivolse nervosamente ad Olga, che attendeva immobile dietro di lui.
Lo sguancio profondo della finestra lasciava poco spessore fra l’interno del suo muro e la doccia, ma bisognava calcolare giustamente l’angolo, e tenere ben dritto il trapano per incontrarla. Quando Loris ebbe prese colla massima esattezza tutte le misure, sporgendosi nell’ombra della notte dalla finestra, Olga gli formò nuovamente sul capo una vôlta nera colle due pelliccie, tenendone con ambo le mani le falde incollate alle pareti. Era una positura insostenibile.