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Olga aveva la mano di Loris stretta violentemente sulle labbra; quella mano tremava. Adesso s’appressava l’inserviente; aveva chiuso a chiave l’altro contropalco presso il loro. Una vertigine passò agli occhi di Olga sbarrati nell’ombra. Era il momento supremo. Con uno sforzo mosse le labbra e diede un bacio sulle dita di Loris, che lo sentì.
Poi quella mano si distese.
L’inserviente era passato oltre, chiudendo solo il palchetto; erano salvi.
Loris mise un grande respiro, sotto la porta anche quella fosforescenza si era spenta. Tutto il teatro doveva essere caduto nell’ombra. Loris abbandonò il gancio, sul quale le sue dita si erano indolenzite, tirando, quasi per mezz’ora. Olga, che si aspettava un rimprovero per l’urlo gettato, rabbrividì invece sentendo Loris schiudere l’uscio sotto un impulso irresistibile di curiosità, ed uscire nel corridoio.
Cominciava il duello.
Aspettarono un’altra ora, seduti sul tappeto del corridoio per sottrarsi alla arrembatura dell’attendere ritti; intorno il buio era assoluto. Ogni tanto Loris, colto d’impazienza, girava il tubo della lanterna cieca, gettando nel corridoio un filo sottilissimo di luce, come un ragnatelo fosforescente. Quando si credettero finalmente sicuri, Loris tentò la serratura del palchetto; i primi stridori del grimaldello si ripercossero sotto la