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La stessa idea colpì Loris ed Olga; se l’inserviente chiudesse il loro contropalco come gli altri? Il fiotto della gente decresceva, s’interrompeva; due uomini passarono discutendo ad alta voce, poi seguì un crocchio di signore, che urtarono gli abiti di seta alle porte, chiacchierando con un pigolìo di uccelli. La luce filtrante attraverso la fessura dell’uscio improvvisamente scemò; si spegnevano già alcuni becchi di gas. Dal fondo del corridoio s’avanzava l’inserviente a chiudere gli usci, ritirandone le chiavi, e facendole tintinnire in mazzo. Altri becchi si smorzavano; quel filo sottile di luce sotto la porta non era più che una fosforescenza. D’un tratto un passo pesante, alternato ritmicamente colla percossa di una canna, si avvicinò, sorpassò l’inserviente, che seguitava a inchiavare le porte dietro di esso colla medesima lentezza; quindi parve arrestarsi presso al loro contropalco.
Loris e Olga si strinsero uno contro l’altro.
Quell’uomo borbottava fermo nel corridoio dinanzi a loro; improvvisamente il colpo di una massa traballante rintronò nel loro uscio.
— Ahi lasciò sfuggirsi Olga in un grido di terrore. Loris, sentendosi la sua testa sulla propria spalla, le cinse il volto con un braccio e le schiacciò con una mano la bocca.
— Niente, niente, mormorò l’individuo, che era ubbriaco, e strisciando sulla schiena si raddrizzò.