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invisibile nell’ombra: Loris si mise dirimpetto ad Olga volgendo le spalle al palcoscenico, in atto di ascoltare, ma perdendosi collo sguardo dentro al palco vuoto dell’imperatore. Olga cominciava a notare qua e là qualche signora.

— Avete riscontrato la finestra della doccia? chiese Lemm sottovoce.

Loris scosse la testa.

L’altro non osò proseguire. Come farebbero a trovarla nel buio? Questa difficoltà gli si ingigantì nel pensiero. E se non vi riuscissero? Se dopo tutto quel rischio l’attentato diventasse così impossibile? Quale ridicolaggine!

Ma la Nilson cantava la romanza di Elsa nel Lohengrin «Aurette a cui affido» e la sua voce pura come la musica di quelle parole, saliva da tutto il candore di quella sala, come un’altra luce bianca, in mezzo ad un silenzio così intenso, che nessun’altro della natura poteva somigliargli.

Lemm, poco sensibile alle impressioni artistiche, ascoltava; Olga aveva abbassato ancora più la testa, quasi quella confidenza d’amore, esalata nella notte verso le stelle da un cuore di vergine, la curvasse sotto i ricordi di altri amori, ai quali le stelle non avevano potuto sorridere.

Quando il pubblico sul finire della romanza proruppe in un grande applauso, Loris uscì dal palchetto. Olga e Lemm si guardarono istintivamente sotto la stretta di una medesima paura; dacchè erano entrati davvero in azione, tutto il