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vano la marsina e il piastrone bianco: giù nella orchestra i suonatori accordavano gli istrumenti. D’improvviso le fiammelle del gas raddoppiarono di splendore, e tutto il bianco e l’oro della sala scintillò, mentre le fisonomie e i colori della gente, uscendo come da una penombra, parvero incominciare lo spettacolo.
Lemm entrò; aveva anticipato.
Olga rimase impressionata del suo pallore.
— Se fossi un poliziotto, gli disse Loris, vi avrei già scoperto.
Lemm, che si riabbassava l’alto bavero della pelliccia, dietro al quale aveva cercato di nascondere la faccia, capì di meritare il rimprovero; ma tutto il suo coraggio non aveva potuto impedirgli di tremare passando per l’atrio del teatro. Nel palco si rinfrancò: erano in tre.
I venti tubi della melinite ammucchiati nell’angolo del divano, sul quale Olga sedeva, avrebbero potuto con qualche luccichio bianco attirare l’attenzione di un altro palco; quindi Loris, mettendosi al parapetto, ordinò a Lemm di passarli tutti sotto al divano. Anche il manicotto fu nascosto così. Appena compita questa operazione, rimasero più imbarazzati; non avevano altro da fare. L’orchestra suonava già la sinfonia del Guglielmo Tell, senza che ne avessero ancora afferrata una nota: quella condizione di spettatore, nella sua semplicità, diventava per essi assolutamente impossibile. Lemm rimase in fondo, presso la porta,