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spettacolo di quella sala doveva essere anche superiore a quello del palcoscenico, qualunque più fastosa opera vi si rappresentasse per quell’assemblea della nobiltà russa, raccolta intorno allo Czar più potente di tutti i re, e più uomo di tutti i pontefici.
Il grande palco imperiale era vuoto, coi candelabri spenti. Nel mezzo, la massiccia corona dorata della poltrona sembrava una piccola cupola; l’altro palco imperiale, di proscenio, Loris dal proprio non poteva vederlo. Olga non si era ancora affacciata al parapetto. Una calma di atonia si era fatta in lei, dopo quel primo sbigottimento, così che Loris dovette dirle di togliersi la pelliccia, e di avanzarsi per non aver l’aria di nascondersi. Allora Olga si sentì sul ventre la pressione del rotolo, che vi teneva nascosto, come se una stretta misteriosa stesse per soffocarla. Loris aveva cacciato nell’angolo più oscuro il manicotto, pieno dei pezzi smontati del trapano, e nell’ombra della portiera si vuotava le tasche: era riuscito a nascondervi dieci tubi di melinite. Lemm doveva arrivare tra poco, quando lo spettacolo sarebbe incominciato, con altri dieci; nell’intermezzo, tornando a casa in due, potrebbero portare il resto.
Loris si mostrava di una grande tranquillità, ma non parlava.
Il teatro si veniva lentamente riempiendo. Molte signore comparivano ai palchi in cappellino e abito da passeggio; parecchi uomini invece porta-