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pigro come uomo e incontentabile come artista; d’altronde Fedor Vassilich va rimutando ancora le scene del libretto. Ora andiamo su per concertare un quintetto. Debbono arrivare altri amici; uno avrà seco il violoncello, l’altro il flauto. Viva la Santa Russia, Giacomo Martinovich: il giorno che la Russia possederà la propria grande opera musicale come l’Italia, la Germania e la Francia, avrà conquistato sull’Europa il primato.

— Viva la Francia! proruppe a bassa voce il dwornik: vostra Alta Nobiltà conosce le mie opinioni; la Russia non ha che tre nemici, i nichilisti, i tedeschi e gli ebrei: i nostri migliori amici sono in Francia.

— Eccoti per una bottiglia di champagne: la berrai alla gloria di Boris Godunof e al trionfo di tua nipote, che vi canterà da principessa Marina Mniscek; e gettando un marengo nel berretto di pelo, che il grosso portinaio fu pronto a trarsi, passò oltre con Ossinskj. Ma sul limitare della porta si fermò, fingendo di accendere lo zigaro, per gettare una rapida occhiata lungo la strada a sinistra. Sulla sua bella bocca di adolescente apparve un sorriso.

— Ah! esclamò: ecco qua il violino col flauto. Mio caro Giacomo Martinovich, i nostri due amici sono puntuali: tua nipote, la bella Catia Ivanovna, comparirà presto sulla scena del teatro imperiale. Essa è bianca come la nostra neve vergine e più bella delle nostre più belle sere, quando poco oltre