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— Vedete, si volse ad Olga mostrandoglieli: la polvere ha pareggiato nel medio evo il villano al cavaliere; oggi la dinamite pareggia l’individuo alla massa.

Quel giorno andarono a pranzo nel villaggio di Kolomenskon, fuori della barriera di Serpoukof, a sette verste da Mosca; ma non riuscì loro di mangiare. Loris, contro la sua abitudine, bevve abbondantemente ripetendo parecchie volte ad Olga:

— Avete torto di non mangiare: è possibile che il secondo concerto sia rimandato di qualche giorno.

La sera, entrando nel teatro, rimasero vivamente impressionati della scarsezza del pubblico. Nè Olga nè Loris vi erano mai stati. L’immensa sala, bianco e oro, a cinque ordini, col parapetto sporgente dei palchi, così che le signore vi si vedevano intere, parve loro di una magnificenza solenne; v’era qualche cosa d’imperiale nel suo lusso e nella sua vastità, che nè il popolo nè la borghesia avrebbero mai potuto occupare. Il pubblico di quella sera, rado ed aristocratico, che vi girellava colla disinvoltura di una signorile abitudine, fece loro sentire anche più acutamente di esservi stranieri. Olga ne provò un’umiliazione, Loris un’offesa. Nelle serate di gala, quando tutte le loggie, i balconi, i palchi, la platea e il paradiso, rigurgitavano d’invitati scintillanti nelle uniformi gallonate fra la piena degli abiti femminili e lo scintillìo delle gemme e delle armi, lo