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— Sono le otto, disse Lemm, non sapendo trovare altro.

Olga lasciò sfuggire un’occhiata verso la camera di Loris.

— Non ho sentito nulla al suo uscio, proseguì l’altro; dormirà.

— Dite piano dunque.

— Uscirete oggi?

— Sentirò da lui: se voi uscite, tornate presto; vi potrebbero essere ordini.

— Ordini, ordini, mormorò l’altro con crescente malumore.

Olga rimase sola: non aveva più alcuna idea precisa. Loris le aveva detto che trattandosi di un concerto, potrebbe portare il cappellino e vestire quello stesso abito di casimiro, semplice e abbastanza di buon gusto, col quale era venuta da Pietroburgo: il giorno innanzi ella si era provato il rotolo del filo elettrico sotto le gonnelle, e aveva acconciato la guaina nella fodera del manicotto per nascondervi i pezzi smontati del trapano. Loris non uscì dalla propria camera che a mezzogiorno; aveva l’aspetto animato e gli occhi febbrili. Salutò Olga con maggiore amabilità del solito, e si mise subito, quasi puerilmente, a fare la rivista di tutti gli oggetti necessarî alla mina dentro al cassetto di un canterano. I tubi della melinite, non più lunghi e più grossi di un pacco da cento rubli in argento, gli trassero sulle labbra un sorriso indefinibile.