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avrebbe appena osato sperare; quindi la rivoluzione passerebbe dallo stadio di setta a quello di guerra.
Il principe parlava lentamente: una lieve balbuzie dava alla sua pronunzia uno stento quasi grazioso, che contrastava colla terribilità dei propositi, ma una più profonda preoccupazione sembrava ogni tanto distrarlo dal discorso. Quell’idea di un attentato nel teatro di Mosca aveva troppo bisogno di essere maturata per discuterne sul momento tutti i particolari; a Loris invece premeva sopratutto di fare sul principe, come membro del Comitato Esecutivo, una grande impressione. Una superbia di autore lo esaltava quindi davanti a quel vecchio, del quale aveva saputo indovinare il tragico segreto, e cui seguitava a studiare acutamente sul volto le traccie della passione, che finirebbe forse coll’ucciderlo. Questo principe diventato rivoluzionario per gelosia di una donna, la quale non capirebbe forse mai la profondità dell’amore ispiratogli, rappresentava la parte più viva dell’aristocrazia russa. La rivoluzione profittava così di tutte le debolezze dei propri nemici, voltandoli contro la società, che doveva distruggere.
Lentamente la conversazione languì: Loris si alzò.
— Voi mi credete un vigliacco, disse il principe improvvisamente, quasi compiendo un lungo ragionamento mentale.
— Non vi è amore senza vigliaccheria.