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giallo della sua faccia, alla quale due rade fedine lunghe e grigie davano un’aria signorile. Non portava baffi.

Si era inchinato leggermente dinanzi a Loris, seguendolo nel salotto. Quando si furono seduti sul divano, gli disse subito:

— Mi riconoscete?

Loris, che in quei pochi secondi lo aveva già studiato, rispose:

— Siete uno del Comitato; eravate a sinistra del presidente; riconosco l’anello, e gli indicò il sottile cerchietto d’oro, che portava all’anulare della mano sinistra.

L’altro ne convenne. Così seduto in faccia a Loris pareva anche più malandato: il petto gli si incurvava. Sotto i calzoni larghi due lunghe coscie magre gli facevano una figura più squallida, ma la sua faccia gialla si era fatta grave di pensiero.

Loris presentì una scena importante.

— Comincerò col dirvi il mio nome: sono il principe Vladimiro Gregorevich Tewceff.

— Il senatore?

— Sì.

Vi fu una pausa; il principe proseguì:

— Ora ci conosciamo; vengo a trattare con voi.

— In nome del Comitato?

— No, a nome mio.

— Aspettate: avete detto che ci conosciamo, ma ho inteso appena qualche volta pronunziare il vostro nome; che sapete voi di me? Il presi-