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— Lo sapete pure quello che Teresa è sempre andata dicendo di me: per la sua malattia non vi sono rimedi, non si può nemmeno più tentare l’estirpazione. Smettiamola dunque. Avete preparata la colazione?

— Con che cosa?

Olga si volse indispettita:

— Vi ho dato otto rubli al principio della settimana: ve li sarete bevuti o li tenete nascosti.

— Io!

— Voi, sì: me ne vado. Se qualcuno viene a cercarmi, ditegli di aspettare. Quanto a voi, aggiunse con sorriso sprezzante rimettendosi il mantello, farete colazione come vorrete.

— Ma non ho denari. Come si fa a vivere con quello che mi dai per la casa? Tu spendi tutto nei vestiti e nelle cene coi tuoi amici.

Olga, senza rispondere, si disponeva ad uscire. Il suo volto era più stanco che sdegnato: la mamma le girava intorno come per chiederle qualche cosa, ma l’altra era già nel salotto, quando fu picchiato alla porta.

— Andate ad aprire, disse Olga rientrando nella propria camera.

Era Loris. Olga riconoscendolo alla voce provò un’emozione così violenta che dovette appoggiarsi al tavolo: la mamma, che alla vista di quel magnifico signore era ridiventata istantaneamente mansueta, si affacciò all’uscio dicendole dolcemente: