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oltre la volgarità, affettando modi e costumi cinicamente maschili. Se questo concorreva a precisare la modernità del loro tipo, non procurava loro nelle masse nè molta simpatia, nè abbastanza stima.

Olga aveva dovuto constatarlo più volte con dolore.

Sbollita quella prima effervescenza rivoluzionaria, durante la quale si era precipitata nelle nuove idee come in un abisso, la sua mite e affettuosa natura aveva ripreso presto il sopravvento: non osava confessarlo interamente neppure a sè stessa, e nullameno una critica minuta ed assidua le saliva dal cuore malcontento a distruggere tutte le opinioni rivoluzionarie, entro le quali aveva composto il disegno della propria vita. La mascolinità dell’educazione aveva in lei falsificato la donna senza degradarla, giacchè il suo cinismo era rimasto piuttosto d’intelletto che di sentimento. Quindi, cedendo a molti compagni, li aveva scelti solo per la superbia materialista di mostrarsi superiore a tutte le vecchie leggi dell’onestà femminile. Ma quel libertinaggio, più brutale di ogni altro appunto per la dialettica scientifica che lo accompagnava, non aveva esaurita la gioconda spontaneità e la vivace esuberanza della giovinezza, che trionfa a forza di poesia di tutte le proprie vergogne. Olga ne soffriva. La vita cominciava ad apparirle sotto l’aspetto terribile della sua immutabilità nelle funzioni e nelle gerarchie; tutto quanto ella aveva giovanilmente negato,