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ignoravano forse ancora l’uccisione di Alessandro II e non potrebbero comprenderla se non dopo chi sa quante generazioni!

Per resistere a questo flusso di pensieri si affrettò a mutar di abiti per la passeggiata. Siccome non aveva cameriere, suonò il campanello, che dava nell’appartamento della padrona, e andò ad aprire l’uscio sulla scala. Il suo piccolo quartiere non aveva altre comunicazioni coll’altro, ove abitava la numerosa famiglia della mercantessa, che glie lo aveva affittato.

Si presentò la solita giovinetta, piccola, tozza, dai capelli rossi e gli occhi così chiari che parevano di porcellana; Loris le ordinò di fare il the, e si pose a scrivere una lettera.

La ragazza contenta di poter stare nell’appartamento col bel forestiero, del quale parlava tutto il giorno colle figlie della padrona, dispose premurosamente sul tavolo la bottiglia del rhum presso il barattolo dello zucchero: prese due o tre pezzi di carbone dalla stufa accesa e versò l’acqua. Nella stanza la luce entrava allegramente. Ogni tanto ella si guardava nello specchio di contro accomodandosi i ricci ed impettendosi.

— Vuole che resti finchè il the sia fatto?

La sua voce era così dolce che Loris sollevò gli occhi dallo scrittoio e, dopo averla esaminata, le chiese di che paese fosse e da quanto tempo abitasse a Pietroburgo. La ragazza si era fatta istantaneamente triste.