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quale dava ad esse la verità di un fatto già compiuto. Il poeta Fedor non aveva che la fantasia dell’odio, Loris ne era più che la passione.
— Uccidere uno Czar! Non hanno ancora compreso che ogni signore è Czar.
E si gettò sopra una sedia.
— Voi non mi credete, esclamò dopo una pausa.
Kriloff stava per rispondere, ma Ogareff lo prevenne.
— Debbo stasera radunare a casa mia gli amici? Lo volete? e la sua voce, benchè risoluta, aveva un tremito.
— Verranno?
— So dove trovarli. Il pretesto sarà ancora l’opera di Andrea Petrovich.
Loris sentiva una difficoltà segreta in quella adesione così pronta di Ogareff.
— Tu pure Kriloff?
— Lo sai bene, credo poco al socialismo; il tuo disegno....
— È il solo.
Kriloff non finì la risposta.
Allora Ogareff, alzandosi, nervosamente disse:
— Vi attenderemo a casa mia sulle nove.
— Spiegate loro tutto, voi m’avete compreso: questa notte getteremo le basi del partito. Ah! non mi credete dunque? ripetè leggendogli il dubbio negli occhi.
— Sentirete gli altri.
Quando furono in strada, si guardarono simultaneamente.