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di idee socialistiche, la sua passione segreta ed inconfessabile era la bramosia del potere nell’impero, altrimenti il nichilismo non avrebbe fatto falsa strada. Il vero nemico non era dunque lo Czar, emblema religioso e politico assolutamente vuoto, dentro il quale comandava l’antica aristocrazia dei Boiari e quella nuova dello tckin. Poichè la necessità delle riforme si era così rivelata ad Alessandro II, il migliore di tutti gli Czar, da persuadergli colla emancipazione dei servi l’istituto dei giurati e molti altri tentativi di riorganizzazione dei comuni e delle provincie, bisognava spingere la sua opera agli ultimi confini della logica rendendo ai contadini le terre rimaste dei signori, abrogando il riscatto dovuto a questi e compiendo con un atto solo l’emancipazione, che non sarebbe ultimata se non nella seconda metà del secolo venturo. Invece di attaccare lo Czar, nella fede del quale l’anima dei mugiks era incrollabile, si doveva dipingerlo come vittima dell’aristocrazia per scatenare contro di essa l’odio della plebe: anzitutto giovarsi dei mir suggerendo loro di non pagare le quote di riscatto per le terre ricevute, e persuadendo ai contadini delle altre di cedere ai mir i ricolti dei padroni. Questi per esigere le rendite scenderebbero a tutte le angherie, ma i poveri sarebbero allora anche più vessati e più facilmente insorgerebbero. In ogni comune l’unico letterato era lo scrivano, il pisar, sempre uno spostato e quindi un rivoluzionario, succe-