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colava per la barba. Loris, ubbidendo ad un irriflessivo istinto generoso, si slanciò al suo soccorso, rovesciò un mugik, pervenne nella sorpresa sino a Topine e lo liberò dalle mani, che lo tenevano avvinghiato. Quindi si postò fieramente dinanzi a lui, senza parlare, brandendo un lungo coltello.
L’effetto ne fu irresistibile, gli altri arretrarono. Loris ordinò a Topine di andare innanzi, e rimase in faccia a tutti, guardandoli così terribilmente che non osarono attaccarlo. Ma Topine si era fermato a poca distanza per sostenerlo in un nuovo assalto.
Quando ripresero la via insieme erano già amici.
Loris gli confessò di andare a Ninhny con una compagnia di suonatori ambulanti, l’altro gli rivelò la propria setta. Era un errante, di coloro che come gli antichi profeti si erano ritirati nella solitudine, in fondo alle foreste, nelle quali non penetravano ancora i servitori dell’Anticristo, lo Czar. Aveva abbandonato moglie, figli e comune per non avere più alcun rapporto colla società legale; portava al collo una croce benedetta a Gerusalemme sul sepolcro del Redentore, e la mostrava ai gendarmi dicendo loro: Ecco il mio passaporto vidimato dal Re dei Cieli. Naturalmente i gendarmi lo arrestavano, ma egli s’ingegnava per evitarli. Nel suo delirio settario affermava che l’epoca dell’Anticristo era già incominciata, e che lo Czar era il nemico di Dio, come i