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nire a non molta distanza dalla città. Cadeva il tramonto, dalla campagna venivano soffii profumati, che ammollivano l’aria troppo calda. Loris, che aveva fatto anche lo stregone e sapeva dire la buona ventura, lasciò andare innanzi i compagni per strologare un crocchio di ragazze tornanti dalla falciatura dei prati. In quella passò Topine a passo rapido, trascinando faticosamente una gamba, che gli doleva. Le ragazze se lo mostrarono con un grido di orrore, egli rispose loro con un gesto osceno.
Quando Loris le ebbe contentate, ricevendone pochi kopeks per le solite fandonie profetiche, allungò indarno il passo per raggiungere gli altri; ma conoscendo la bettola, ove andrebbero ad alloggiare, cedette insensibilmente alla blandizie della sera. D’un tratto, alla svolta della strada, udì uno strepito di voci, e scoperse un gruppo di mugiks schiamazzanti intorno a qualcuno, che bestemmiava con voce più aspra. Quando fu loro presso, Loris s’accorse che avevano circuito Topine e, dileggiandolo, volevano costringerlo a ballare. Uno fra essi aveva già cominciato a scuoterlo, ma Topine rivoltandosi ferocemente lo aveva atterrato con un pugno. Naturalmente s’impegnò una rissa. Topine faceva sforzi sovrumani per saltare fuori dal loro gruppo, ma stretto da ogni parte, malgrado tutta la sua robustezza, non poteva riuscirvi. Un pugno gli aveva scrostato i grumi del lupus, così che un sangue giallastro gli