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indifferentemente ai mugiks e ai signori, ma divideva il guadagno colla banda largheggiando verso di essa con modi da capitano. Però una volta furono colti; egli e due altri solamente poterono salvarsi nel bosco.

Era stata la stagione più bella della sua vita, dopo la quale si mise in un’associazione di giuocatori di frodo, che si recavano alle fiere suonando varî istrumenti. Avendo accumulato qualche danaro in tutti questi mestieri, lo portava cucito nelle vesti, ma viveva sempre colla più avara frugalità.

Alla grande fiera di Ninhny Nowgord s’incontrò con uno strannik, un errante, personaggio bizzarro di una fra le più stravaganti sette russe. Era un ometto di bassa statura, tarchiato, di una incredibile forza muscolare. Sebbene non avesse più di quarant’anni ne mostrava cinquanta, e vestiva di pelli di montone anche nell’estate, coi sandali ai piedi, fasciandosi le gambe di cenci immondi. I capelli lunghi e crespi, di un colore incerto fra il rosso ed il castano, gli crescevano a cespuglio dalla testa, sulla quale non portava berretto di sorta. Sotto la barba lunga un lupus gli divorava l’angolo sinistro della bocca. I suoi occhi piccoli e bianchi sotto la fronte bassa, quasi sorretta da due enormi sopracigli villosi, parevano spenti: e rideva spesso scoprendo una rastrelliera di denti corrosi, attraverso i quali passava un alito fetido. Si chiamava Topine.

Loris l’incontrò col proprio gruppo sull’imbru-