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abbandonate, ove si riposavano per cuocere sulle bracie la carne degli animali uccisi, gli fece bene. Partivano la mattina e non tornavano che a notte; un mugik settario del Raskol, Andrea Arsenief, col quale Nicola era sempre stato cortese iscrivendolo senza compensi sul libro di coloro, che frequentavano la chiesa, regalò a Loris un grosso veltro capace di affrontare il lupo. L’intendente del principe Kovanski gli diede una cagna da caccia, piccola ed intelligente. Allora Loris fu felice quando la sera, offrendo alla mamma un pezzo di carne, gli sembrava di presentarle un trofeo; ella accettava con un sorriso, ma ne mangiava di rado.

Vi erano nullameno i giorni tristi, nei quali era impossibile sorprendere alcun animale. Allora per la foresta il freddo cresceva, e li coglieva la paura d’incontrare una banda di lupi. Infatti una volta, che dovettero battersi contro cinque o sei di essi, la cagnina rimase sul terreno. Loris era stato meraviglioso di coraggio. Invece di mettersi dietro al padre, come questi gli ordinava, si era slanciato contro quelle piccole ma terribili belve, roteando la scure per difendere Aiace, l’altro grosso cane. Nicola, non osando far fuoco pel timore di colpire il ragazzo, si era precipitato col fucile brandito a mazza. Tre lupi erano rimasti morti, gli altri erano fuggiti.

Loris aveva ricevuto un morso in una gamba, ad Aiace penzolava un orecchio, ma armato di