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estremi i propri scarsi kopeks, lo esasperava oltre ogni prudenza. Avrebbe voluto cacciarli di casa a pedate, gridando loro che la religione era la più stupida delle truffe, e Dio il più malvagio dei fantasmi; ma le strettezze della famiglia glielo vietavano. I suoi vecchi genitori erano ammalati, il diacono, il cantore e il sagrestano instavano per la riscossione di questi piccoli emolumenti, sui quali era loro devoluta una quota, e venivano a parlare con lui delle funzioni necessarie, abbandonandosi a tutti i calcoli del mestiere coll’ingenuo impudore di una ignoranza non priva di fede. Egli solo, ateo, s’irritava talora alla poca meraviglia, che essi facevano del suo ateismo; nemmeno sua moglie Maria Alexewna se ne commuoveva.

Ella pareva non occuparsi apparentemente di nulla. Era una bella donna dalla fisonomia calma, con una meravigliosa capigliatura bionda, che le si ammassava sulla testa come un cimiero. Il suo volto ovale si appesantiva leggermente nella parte inferiore, mentre le guancie le sfumavano nel collo, tondo e grasso, di un bianco quasi troppo puro. Camminava lentamente, cogli occhi grandi intontiti, e un’aria di stanchezza, che la faceva sembrare più bella, irritando gli stessi desideri, che ispirava. Aveva gli occhi cilestri, le mani paffute e affusolate, i piedi piatti, le orecchie piuttosto grosse; ma la sua bocca larga, senza essere sensuale, mostrava i denti grandi, di una bianchezza