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occupò più di un’ora; il suo volto pareva tranquillo, ma tratto tratto le mani le tremavano.

Quando quella lunga acconciatura fu terminata, scoperse da un cofanetto giapponese lo scrigno delle gioie, e si mise al collo un magnifico cordone di perle nerastre; per un momento dubitò di insinuare fra i capelli uno spillone incappellato di un grosso diamante, perchè vi brillasse come una stella, poi si pentì. Invece si spruzzò col polverizzatore i ricci sulla fronte di una tenue essenza di fieno.

Era pronta, il cuore cominciava a battere. Allora un senso di pudore la sorprese; il letto disfatto le parve volgarmente sguaiato. Sorridendo seco stessa si pose a rifarlo, forse per la prima volta in vita sua, ma la cosa le riuscì meno facile che sulle prime non avesse immaginato; nel mezzo vi restava sempre una piccola depressione, e l’immensa coperta, ammassandosi sul tappeto, vi faceva molte pieghe antipatiche.

Poi sedette attendendo.

Mancava un’ora a mezzanotte, Loris non poteva mancare.

Ella lo amava perdutamente, giacchè nelle due notti, che Loris era venuto a trovarla in quella camera, aveva finalmente provato l’amore dell’uomo, quel mistero, cui la sua anima anelava da tanti anni attraverso l’orrore della doppia violenza di Topine e del principe. Ella ne rimaneva ancora vibrante. La malata sensibilità del